Questo sito utilizza cookie tecnici propri e cookie di terze parti. Se continui nella navigazione o clicchi su un elemento della pagina accetti il loro utilizzo.
un'intervista sul senso della vita ...
la prima domanda e la prima risposta dell'intervista
1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?
Nel romanzo di H. G. Wells la Macchina del Tempo, l’inventore spingeva il congegno che aveva costruito oltre l’anno 800.000 d.C. Quello che trovò era una comunità di esseri umani eternamente giovani, sereni ed indifferenti alle angustie ed alle miserie dell’esistenza.
Purtroppo il prezzo da pagare a tale condizione consisteva nel fatto che una parte di loro venisse sacrificata periodicamente, per essere divorata da creature per nulla eteree, ma molto concrete ed antropofaghe, che avevano preso ad abitare gli antichi e oscuri recessi del sottosuolo terrestre.
La felicità è un attimo sospeso su di un abisso di incertezze e di caos ingestibile. Un sentimento effimero, che può durare poco con intensità e solo a prezzo di ignorare il dolore che ci circonda. Questo non vuol dire non sia possibile ottenerla per breve tempo, ma per rallegrarcene compiutamente dobbiamo ignorare la non felicità altrui. Se protratta oltre questa precaria condizione, la felicità diventa uno sterile ed egoistico compiacimento, destinato ad alimentarsi di indifferenza per poter sopravvivere. Esiste tuttavia una forma di felicità che non si esaurisce in una ricerca del proprio autocompiacimento. E’ quella che ci sorprende quando riusciamo a fare felici le persone che amiamo, quando osserviamo il sorriso rasserenare un viso che ci è caro. Si tratta di un sentimento non effimero, cui raramente pensiamo, mentre è a portata di mano, vicino a noi.
continua su:
http://www.riflessioni.it/senso-della-vita/federico-perozziello.htm
Nel romanzo di H. G. Wells la Macchina del Tempo, l’inventore spingeva il congegno che aveva costruito oltre l’anno 800.000 d.C. Quello che trovò era una comunità di esseri umani eternamente giovani, sereni ed indifferenti alle angustie ed alle miserie dell’esistenza.
Purtroppo il prezzo da pagare a tale condizione consisteva nel fatto che una parte di loro venisse sacrificata periodicamente, per essere divorata da creature per nulla eteree, ma molto concrete ed antropofaghe, che avevano preso ad abitare gli antichi e oscuri recessi del sottosuolo terrestre.
La felicità è un attimo sospeso su di un abisso di incertezze e di caos ingestibile. Un sentimento effimero, che può durare poco con intensità e solo a prezzo di ignorare il dolore che ci circonda. Questo non vuol dire non sia possibile ottenerla per breve tempo, ma per rallegrarcene compiutamente dobbiamo ignorare la non felicità altrui. Se protratta oltre questa precaria condizione, la felicità diventa uno sterile ed egoistico compiacimento, destinato ad alimentarsi di indifferenza per poter sopravvivere. Esiste tuttavia una forma di felicità che non si esaurisce in una ricerca del proprio autocompiacimento. E’ quella che ci sorprende quando riusciamo a fare felici le persone che amiamo, quando osserviamo il sorriso rasserenare un viso che ci è caro. Si tratta di un sentimento non effimero, cui raramente pensiamo, mentre è a portata di mano, vicino a noi.
continua su:
http://www.riflessioni.it/senso-della-vita/federico-perozziello.htm