Storia del Mondo Tardo Antico
di Federico E. Perozziello
Il Mondo Tardo Antico può essere definito come un periodo storico che per l'Europa a il Medio Oriente si estese in senso cronologico dall'ascesa al trono dell'imperatore Diocleziano nell'anno 284 d. C. e la grande espansione e conquista Araba. In senso lato, potremmo fare terminare quest'epoca con la battaglia di Poitiers nel 732 d. C., in cui il Maggiordomo di Austrasia Carlo Martello riuscì a fermare le armate islamiche giunte ormai nel cuore dell'odierna Francia e del continente europeo.
L'impero romano nel 284 d. C. usciva faticosamente dalla grande crisi del III secolo, un insieme di alcuni decenni in cui cambiò radicalmente la visione del mondo delle persone. Si trattò del succedersi dirompente di anarchia e ribellioni in campo politico e militare, insieme alle invasioni barbariche che per la prima volta dopo oltre tre secoli l'esercito romano non riuscì a trattenere, unite a una devastante crisi economica e sociale.
L'esercito prese ad avere una rilevanza assoluta nella gestione del potere. Gli imperatori divennero sempre più espressione del gradimento delle loro legioni. Un esercito enorme di professionisti, quale mai l'umanità aveva visto. Con la riforma di Settimio Severo (193-211 d. C.) si arrivò ad avere sul campo ben XXXIII legioni, per un totale di circa mezzo milione di soldati di mestiere da mantenere. L'esercito eleggeva i suoi imperatori, spesso due o tre contemporaneamente, che si facevano la guerra tra di loro opponendo l'Oriente all'Occidente. Quando era possibile, gli autocrati dovevano impegnarsi a fermare le orde barbariche che erano riuscite ad oltrepassare il limes renano o danubiano. Non si trattava delle migrazioni di intere popolazioni, come quelle che si verificheranno all'inizio del V secolo d. C., ma di gruppi armati, per lo più di cavalieri, che approfittavano delle disorganizzazioni e smagliature nel lungo confine dell'impero per penetrare nelle ricche provincie interne.
Regioni in cui le popolazioni vivevano in pace da oltre due secoli, in città prospere e prive di cinte murarie difensive. Essere parte di un impero immenso, che si estendeva dalle brughiere della Scozia fino ai deserti dell'Arabia poteva rendere superflue queste precauzioni difensive. Roma era il mondo e il mondo era Roma. Ciò che esisteva fuori dai confini di questa entità composita e onnipresente era irrilevante, non era degno di nota. Un secondo grande fattore di destabilizzazione sociale era presente e rendeva sempre più precaria la vita quotidiana. Si trattava dell'inflazione che alimentava una crisi economica e ne era a sua volta conseguenza. Il contenuto di metalli preziosi, sopratutto l'argento nelle monete di uso corrente scese rapidamente durante lo scorrere del III secolo. Un secolo che vide nel 212 d. C. l'imperatore Caracalla promulgare la Constitutio Antoniniana che estendeva la cittadinanza romana a tutti i cittadini dell'impero, forse l'evento più rivoluzionario e innovativo di tutta l'Antichità.
Diocleziano appare come la figura più rilevante del periodo storico che chiude il III secolo e i suoi rivolgimenti militari e sociali. Figlio di poveri contadini dalmati, era nato probabilmente nelle campagne intorno a Salona nel 244 d. C., Diocleziano apparteneva alla lunga sequela di imperatori guerrieri di origine illirica che avevano tenuto in piedi le traballanti strutture statali nel corso del lungo secolo di crisi. Era il comandante della cavalleria dell'imperatore Caro, forse a capo anche della sua guardia del corpo, un sovrano morto durante una campagna vittoriosa contro i Persiani nel 283.
Le riforme che Diocleziano attuò permisero il definitivo superamento della crisi del III secolo, tuttavia questa diversa e complessa articolazione dello stato provocò un ulteriore irrigidimento della struttura sociale. Un processo simile alle intenzioni di coloro che confidano di ridurre l'illegalità e la delinquenza agendo soltanto su delle misure restrittive e punitive e non sull'educazione e la proposta di diversi modelli di comportamento per i cittadini.
Diocleziano appare come la figura più rilevante del periodo storico che chiude il III secolo e i suoi rivolgimenti militari e sociali. Figlio di poveri contadini dalmati, era nato probabilmente nelle campagne intorno a Salona nel 244 d. C., Diocleziano apparteneva alla lunga sequela di imperatori guerrieri di origine illirica che avevano tenuto in piedi le traballanti strutture statali nel corso del lungo secolo di crisi. Era il comandante della cavalleria dell'imperatore Caro, forse a capo anche della sua guardia del corpo, un sovrano morto durante una campagna vittoriosa contro i Persiani nel 283.
Le riforme che Diocleziano attuò permisero il definitivo superamento della crisi del III secolo, tuttavia questa diversa e complessa articolazione dello stato provocò un ulteriore irrigidimento della struttura sociale. Un processo simile alle intenzioni di coloro che confidano di ridurre l'illegalità e la delinquenza agendo soltanto su delle misure restrittive e punitive e non sull'educazione e la proposta di diversi modelli di comportamento per i cittadini.
Per prima cosa Diocleziano istituzionalizzò la pluralità delle figure imperiali frutto dell'anarchia del secolo precedente. L'impero venne affidato a quattro sovrani, due di rango superiore, gli Augusti e due di una considerazione e poteri appena subalterni, i Cesari. In qualità di augusto Diocleziano si scelse un sicuro e affidabile compagno d'armi, di nome Massimiano, cui affidò la parte occidentale dell'impero. Per sé tenne invece la giurisdizione su quella orientale, che era la più prospera e importante, sia per le grandi metropoli che conteneva, come Alessandria d'Egitto e Antiochia, che per la densità della popolazione e i relativi commerci con la Persia, l'India e la Cina.
A loro volta i due augusti nominarono i loro rispettivi cesari: Costanzo, un generale dalla carnagione pallida che lo fece soprannominare Cloro (il pallido) divenne cesare dell'Occidente e subalterno solo a Massimiano, mentre Galerio, un abile ufficiale illirico come Costanzo, fu nominato cesare da parte di Diocleziano. La nomina di questi imperatori aggiuntivi era su base adottiva e loro stessi, allo scadere del rispettivo periodo di regno, avrebbero dovuto nominare dei successori scegliendoli tra i più degni e capaci. Le cose in realtà non andarono in questo modo, sia per gli imprevedibili sviluppi delle vicende storiche che per la fragilità e l'incostanza della natura umana, pronta a cedere alle lusinghe del potere in nome di interessi personali. Insieme alla riforma del governo imperiale che Diocleziano istituzionalizzò nel 293 e che prese il nome di Tetrarchia, l'imperatore dalmata divise la compagine statale in quattro grandi Prefetture affidate ad altrettanti prefetti al pretorio che erano stati i comandanti della guardia del corpo imperiale, ma a cui venne invece richiesta anche e sopratutto la supervisione sull'amministrazione civile e la riscossione dei tributi. Tutto il territorio delle prefetture fu poi a sua volta suddiviso in dodici diocesi, con a capo altrettanti vice prefetti, dando luogo ad un'accurata struttura piramidale di governo.
Come si vede, la compagine statale dell'epoca di Diocleziano usciva in un certo modo ingessata da queste riforme che da un punto di vista militare ebbero invece successo e riuscirono ad arrestare le invasioni e le ribellioni a Occidente, mentre infersero importanti sconfitte allo storico nemico persiano a Oriente. Le riforme economiche non ebbero un esisto altrettanto positivo. L'editto sul blocco dei prezzi massimi per le derrate alimentari e altri generi di prima necessità venne eluso dalla speculazione, mentre la “iugatio-capitatio”, un'imposta complessiva che attribuiva in anticipo a un territorio l'ammontare delle tasse che sarebbe stato riscosse in base alla popolazione residente ebbe come effetto non secondario quello di favorire il legame delle persone ai campi che avrebbero dovuto coltivare, riducendone la mobilità e la libertà dei commerci e degli spostamenti. Questa visione rigida del prelievo fiscale era stata costruita per soddisfare le esigenze dell'enorme numero di militari da mantenere in attività. Dava vita a un circolo vizioso inestricabile, una vera e propria trappola politica e sociale da cui non si poteva essere liberati. La sicurezza delle frontiere e del territorio vennero pagate attraverso un impoverimento generale della popolazione e una miseria e ristrettezza della vita materiale che finiva per generare paura e angoscia verso il futuro, riducendo ulteriormente la già contratta natalità. Anche la riforma monetaria, basata sull'aumento del tasso di metalli preziosi nelle monete di cui lo stato si faceva garante attraverso l'apertura di nuove e più controllate zecche, fu un fallimento. Le persone tesaurizzavano e accantonavano le monete di metallo nobile invece di spenderle e la contrazione della massa monetaria in circolo aumentava la spinta inflazionistica.
Il senso di sfiducia verso il futuro portò i cittadini dell'impero a confidare nell'avvento di un mondo migliore di quello che li stava ospitando e vessando in modo spietato, favorendo il successo di due nuove e principali fedi religiose: il Mitraismo e il Cristianesimo. Come a riguardo di tutte le religioni misteriche, basate sull'iniziazione degli adepti e su di un reclutamento discreto e selezionato dei fedeli, le notizie sul culto del dio Mitra sono tutt'altro che certe. I luoghi di culto erano nascosti, di tipo sotterraneo e di piccole dimensioni, difficilmente potevano ospitare più di una dozzina di persone. Tra gli iniziati si venivano a stabilire legami forti di complicità e protezione reciproca. Questo credo religioso, basato sulla figura messianica del dio Mitra, intermediario tra il Dio Sole e il mondo terreno, ebbe il suo naturale sviluppo nei ranghi dell'esercito, importato probabilmente verso il cuore dell'impero dai soldati che avevano combattuto contro i Persiani o erano stati di stanza in Oriente.
A loro volta i due augusti nominarono i loro rispettivi cesari: Costanzo, un generale dalla carnagione pallida che lo fece soprannominare Cloro (il pallido) divenne cesare dell'Occidente e subalterno solo a Massimiano, mentre Galerio, un abile ufficiale illirico come Costanzo, fu nominato cesare da parte di Diocleziano. La nomina di questi imperatori aggiuntivi era su base adottiva e loro stessi, allo scadere del rispettivo periodo di regno, avrebbero dovuto nominare dei successori scegliendoli tra i più degni e capaci. Le cose in realtà non andarono in questo modo, sia per gli imprevedibili sviluppi delle vicende storiche che per la fragilità e l'incostanza della natura umana, pronta a cedere alle lusinghe del potere in nome di interessi personali. Insieme alla riforma del governo imperiale che Diocleziano istituzionalizzò nel 293 e che prese il nome di Tetrarchia, l'imperatore dalmata divise la compagine statale in quattro grandi Prefetture affidate ad altrettanti prefetti al pretorio che erano stati i comandanti della guardia del corpo imperiale, ma a cui venne invece richiesta anche e sopratutto la supervisione sull'amministrazione civile e la riscossione dei tributi. Tutto il territorio delle prefetture fu poi a sua volta suddiviso in dodici diocesi, con a capo altrettanti vice prefetti, dando luogo ad un'accurata struttura piramidale di governo.
Come si vede, la compagine statale dell'epoca di Diocleziano usciva in un certo modo ingessata da queste riforme che da un punto di vista militare ebbero invece successo e riuscirono ad arrestare le invasioni e le ribellioni a Occidente, mentre infersero importanti sconfitte allo storico nemico persiano a Oriente. Le riforme economiche non ebbero un esisto altrettanto positivo. L'editto sul blocco dei prezzi massimi per le derrate alimentari e altri generi di prima necessità venne eluso dalla speculazione, mentre la “iugatio-capitatio”, un'imposta complessiva che attribuiva in anticipo a un territorio l'ammontare delle tasse che sarebbe stato riscosse in base alla popolazione residente ebbe come effetto non secondario quello di favorire il legame delle persone ai campi che avrebbero dovuto coltivare, riducendone la mobilità e la libertà dei commerci e degli spostamenti. Questa visione rigida del prelievo fiscale era stata costruita per soddisfare le esigenze dell'enorme numero di militari da mantenere in attività. Dava vita a un circolo vizioso inestricabile, una vera e propria trappola politica e sociale da cui non si poteva essere liberati. La sicurezza delle frontiere e del territorio vennero pagate attraverso un impoverimento generale della popolazione e una miseria e ristrettezza della vita materiale che finiva per generare paura e angoscia verso il futuro, riducendo ulteriormente la già contratta natalità. Anche la riforma monetaria, basata sull'aumento del tasso di metalli preziosi nelle monete di cui lo stato si faceva garante attraverso l'apertura di nuove e più controllate zecche, fu un fallimento. Le persone tesaurizzavano e accantonavano le monete di metallo nobile invece di spenderle e la contrazione della massa monetaria in circolo aumentava la spinta inflazionistica.
Il senso di sfiducia verso il futuro portò i cittadini dell'impero a confidare nell'avvento di un mondo migliore di quello che li stava ospitando e vessando in modo spietato, favorendo il successo di due nuove e principali fedi religiose: il Mitraismo e il Cristianesimo. Come a riguardo di tutte le religioni misteriche, basate sull'iniziazione degli adepti e su di un reclutamento discreto e selezionato dei fedeli, le notizie sul culto del dio Mitra sono tutt'altro che certe. I luoghi di culto erano nascosti, di tipo sotterraneo e di piccole dimensioni, difficilmente potevano ospitare più di una dozzina di persone. Tra gli iniziati si venivano a stabilire legami forti di complicità e protezione reciproca. Questo credo religioso, basato sulla figura messianica del dio Mitra, intermediario tra il Dio Sole e il mondo terreno, ebbe il suo naturale sviluppo nei ranghi dell'esercito, importato probabilmente verso il cuore dell'impero dai soldati che avevano combattuto contro i Persiani o erano stati di stanza in Oriente.