La Paura dell’Incertezza e la Medicina
di Federico E. Perozziello
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L’incertezza è una delle maggiori costanti della vita umana. Genera una paura e una forma di timore profondi fin dal nascere della coscienza del sé mentre tutto il contesto sociale e ogni tipo di cultura appaiono predisposti e ordinati per cancellarla, oppure nasconderla. Se desiderassimo darne una definizione soddisfacente potremmo intendere per incertezza la presenza visibile, nei suoi effetti e nelle circostanze, del Caso nella vita delle persone. Questa presenza è una grande forza generatrice di angoscia per limitare la quale l’umanità è ricorsa nel tempo a diverse modalità di controllo e mascheramento. Dall’inizio dei tempi storici, epoche di cui possediamo una memoria condivisa rintracciabile e segnata dalle testimonianze della cultura materiale oppure di quella scritta, il Caso o Kaos, come lo intendevano gli antichi Greci e le sue conseguenze sono stati legati al concetto di Colpa. Il Caso è diventato in tal modo un fattore di disturbo del vivere ordinato e prevedibile a cui si può sopperire in un contesto etico generale unicamente attraverso delle prescrizioni morali precise e facilmente osservabili.
Senza questo aiuto e questo sostegno le certezze di molte vite vengono a cadere e il terrore del Nulla che affiora qua e là in molte circostanze potrebbe prendere il sopravvento. La Scienza Moderna, intendendo per tale quella nata a partire dalla grande rivoluzione legata all’opera dei suoi tre fondatori nel XVII secolo, Francesco Bacone, Cartesio e Galileo, appare in tutto il suo sforzo di conoscenza tesa a opporsi all’azione del Kaos, a cercare di marginalizzarlo e di renderlo ininfluente. Questa volontà ordinatrice appare più evidente nelle opere dei primi due, sorrette da una solida argomentazione teorica, mentre mostra qualche smagliatura metodologica in Galileo. Una discrepanza che favorì l’argomento utilizzato dal Sant’Uffizio per costringerlo all’abiura e basato su di una insufficiente dimostrazione matematica della centralità del Sole tra i pianeti. In realtà, come ha evidenziato Jacques Monod nel suo saggio Il caso e la necessità, la scienza moderna ha di fatto spezzato l’accordo con la funzione consolatrice che il Trascendente e la Religione aveva esercitato sulla vita umana per secoli. La possibilità di una vita priva dei conforti della religione e sostenuta unicamente dalla fiducia nel progresso umano ha aperto la porta a grandi illusioni e insieme a più sommesse, ma ben presenti disillusioni.
Dietro il termine Incertezza si nasconde qualcosa di molto più inquietante per la vita delle persone e per le loro aspettative a riguardo del mondo. Si tratta della partita intorno a quello che possiamo definire il fare i conti con la colpa di essere uomini e di conseguenza il dovere espiare la presenza di un Male che condiziona il nostro essere e il modo di relazionarci con chi ci circonda. Ne abbiamo una prova indiretta nell’utilizzo del termine assurdo per definire la morte oppure le gravi malattie che colpiscono i giovani individui, magari le persone che si sono dimostrate particolarmente meritevoli della benevolenza altrui per la bontà e l’onestà delle loro opere. Il chiudersi improvviso e senza apparenti giustificazioni di una vita, oppure una patologia invalidante che alteri per sempre le capacità affettive ed espressive di un individuo rivestono delle caratteristiche di assurdità che devono essere esorcizzate ricorrendo a categorie metafisiche. Tutti argomenti che il sapere scientifico moderno non è per sua stessa natura in grado di maneggiare e di affrontare. Per ridurre l’angoscia generata da questa circostanza sono stati invocati dei fattori di compensazione basati sulla fede religiosa. Dobbiamo pertanto considerare due diverse credenze capaci di alleviare il sentimento negativo e in grado di sostenere il tentativo di resistere alla disperazione legata al male:
1) la fiducia in una Provvidenza divina;
2) le aspettative legate alle capacità della Scienza.
Mentre l’azione della Provvidenza rimane su di un piano di giustificazione e di analisi insondabile, legato alle sue radici e articolazioni metafisiche, la fiducia nella Scienza riveste delle coordinate meglio indagabili. E’ indubbio che il progresso medico abbia ottenuto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, importanti e non contestabili successi. A queste vittorie è seguita l’implementazione di un indicatore di manifesta efficacia, un segnale evidente, a patto di avere avuto la ventura di nascere nelle terre del ricco Mondo Occidentale. Avere avuto e per la prima volta nella storia del genere umano più tempo per vivere e gioire dei fattori positivi dell’esistenza, utilizzando senza eccessivi rimorsi le risorse fornite dal Principio di piacere, ha generato delle conseguenze misurabili solo attraverso una visione di tipo prospettico. Un’aspettativa di vita media che si è allungata di alcuni decenni in un lasso di tempo non superiore al secolo ha creato una situazione di incertezza radicale nell’agire dell’uomo le cui coordinate esperienziali sono rimaste quelle della sua storia precedente, una vicenda di qualche migliaio di anni che non è possibile emarginare e relegare in un angolo dimenticato. La contemporanea distruzione di ogni aspettativa di eternità, come ha scritto il sociologo e filosofo Zygmunt Baumann, ha relegato le persone a vivere un eterno presente in cui ogni modesta necessità oppure la costruzione del benessere quotidiano riveste e viene investita di alcuni valori di assoluto del tutto ingiustificati.
L’esperienza della vita è stata pertanto compressa nella necessità, anzi nel diritto di dovere godere dei benefici della stessa esistenza come di un diritto ineludibile e pretendibile, scalabile, si potrebbe affermare, dalla maggior parte delle persone. Quale è dunque il ruolo della medicina in questo terreno di esigenze e di richieste. Quale compito potrà mai assolvere il medico contemporaneo, indeciso e smarrito anche lui davanti a tante micro certezze quotidiane? Un tempo il medico era maggiormente protetto nell’esercizio della professione grazie a una diffusa e positiva considerazione sociale che lo circondava e lo sosteneva nel compito di lottare contro il dolore e la morte. Si trattava di una protezione umana ed emozionale molto efficace che è quasi completamente decaduta, si è dissolta, a causa della condivisione generale delle informazioni legata ai moderni media che forniscono alle persone schegge di un sapere medico non mediato dall’esperienza e dall’insegnamento.
Si è ormai formata una generazione di insegnanti che hanno rinunciato a utilizzare dei riferimenti culturali interdisciplinari in medicina, riducendo drammaticamente la qualità delle loro modalità comunicative con i pazienti e i colleghi aggravando il quadro generale. I ricercatori vengono messi sotto pressione e spinti a pubblicare anche per il motivo di aumentare il numero delle citazioni che li riguardano e non il valore delle scoperte da condividere. Sullo sfondo si manifesta in tutta la sua drammaticità la perdita di vista del significato di una pubblicazione scientifica, con la prevalenza di aspetti legati ai finanziamenti da ottenere e all’insindacabilità di un’arbitraria scelta valutativa sui risultati che diventa appannaggio di pochi soggetti i quali esercitano un enorme potere di tipo quasi dogmatico e insindacabile, spostando enormi finanziamenti in settori ben precisi.
Si apre in questo modo la strada a uno scenario di completa dissoluzione della medicina come Scienza umana. Se si tratta di applicare linee guida e dettami basati sull’evidenza non vi sarà e forse non vi è più il bisogno di esseri umani. I Super computer destinati alla medicina come Watson Health dell’IBM questo lavoro lo sanno fare benissimo, senza errori e in una frazione di secondo. In fondo gli uomini di questo inizio di XXI secolo non sembrano aspettarsi altro. Desiderano una vita lunga oltre un secolo garantita, in cui l’Eternità sia disponibile per tutti e senza fatica. Un destino che attende forse l’umanità che ha avuto la fortuna di vivere nel ricco Mondo Occidentale e credere nelle sue magnifiche sorti e progressive garantite da una Scienza moderna che appare invece smarrita sul senso del suo agire. Il ruolo del medico e la sua consistenza sociale sono diventati pertanto sempre più aleatori. Rimane quello di un certificatore di certezze, di un somministratore di riparazioni dovute che permettano al cittadino consumatore di rientrare a pieno titolo nel proprio circuito lavorativo. Deve curare l’uomo contemporaneo in cui l’ansia consumistica ha cancellato l’aspettativa e qualsiasi tensione verso una possibile eternità metafisica. La vita umana si svolge in tal modo in una gabbia di eterno presente in cui solo la droga consumistica riesce a operare un parziale sollievo all’angoscia dell’esistere.
La promessa di una salute garantita diventa allora l’unico valore sostitutivo e pertanto ben vengano i super computer e i microchip impiantati nel corpo, dialoganti con questi salvatori elettronici infallibili di vite e restauratori di ogni futuro possibile, sic et nunc, ora e adesso, perché il futuro non interessa e solo una vita quasi eterna diventa il valore da difendere. Il futuro della medicina appare poco promettente per riacquistare un minimo di libertà decisionale e di visione critica nella professione. Si tratta però di un’altra e diversa storia, che affonda come si è visto le proprie ragioni in un passato scientifico, in un presente confuso e nella fragile complessità della natura umana. Come affrontare allora la sfida quotidiana che il dolore e la morte impongono ai medici. Uomini che hanno perduto in giovane età per i loro studi e la conoscenza appresa l’innocenza nei confronti delle ferite inferte alle aspettative e al desiderio di felicità degli esseri umani. Hanno preso coscienza della pervasivitá e dell’azione spesso ingiustificata del dolore, esercitati attraverso le malattie e le disgrazie.
Non esistono rimedi scientifici davanti ad alcuni elementi di estrema ingiustizia, malattie mortali che colpiscono magari bambini e giovani individui. La possibilità di riscatto del medico è nascosta nella condivisione della compassione con i suoi pazienti e prima ancora con sé stesso. Nella riscoperta della sua umanità in un tempo di barbarie e di egoismi venati di razzismo, come quelli che stiamo vivendo.
Scriveva Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) nel buio della cella del carcere nazista in cui era stato relegato:
«… Comprendete l'ora della tempesta e del naufragio, è l'ora della inaudita prossimità di Dio, non della sua lontananza. Là dove tutte le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la nostra esistenza sono rovinati uno dopo altro, là dove abbiamo dovuto imparare a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio, perché Dio sta per intervenire, vuol essere per noi sostegno e certezza. Egli distrugge, lascia che abbia luogo il naufragio, nel destino e nella colpa; ma in ogni naufragio ci ributta su di Lui. Questo ci vuole mostrare: quando tu lasci andare tutto, quando perdi e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco, allora sei libero per Dio e totalmente sicuro in Lui …»
Aveva solo 39 anni quando salì sul patibolo nel lager di Flossenbürg presso Monaco. Era il 9 aprile 1945 e mancavano solo pochi giorni alla fine della guerra.
La costruzione del capro espiatorio nei momenti di grave crisi e difficoltà, come avviene nelle epidemie e nelle guerre, ma non solo, appare pertanto come una caratteristica costante del genere umano. Una sorta di maledizione a impedire l’uso compassionevole della ragione e che spinge come effetto non secondario a rifugiarsi nella barbarie. Quando oggi ascoltiamo le proposte e le dichiarazioni di alcuni e ben precisi uomini politici e “statisti” possiamo ancora rendercene conto.
Il discorso sull’innocenza della vittima designata, sul mistero insondabile che si cela dietro il sacrificio di un innocente non termina in questo contesto. Appare un argomento di consapevolezza la cui riappropriazione deve essere condotta ogni giorno, soprattutto nei momenti di dolore e di lutto che attraversiamo.
Bibliografia essenziale
1. Cochrane A., Efficienza ed efficacia. Riflessioni sui servizi sanitari, Il Pensiero Scientifico Editore (Ed.), Roma, 1999.
2. Liberati A., La medicina delle prove di efficacia: potenzialità e limiti della E.B.M. Il Pensiero Scientifico Editore (Ed.), Roma, 1997.
3. Jakobson R. Saggi di Linguistica generale, Feltrinelli Ed., Milano, 2002.
4. Mill J. S., A System of Logic, Ratiocinative and Inductive (Un sistema di logica raziocinativa e induttiva) 1843, Ubaldini Ed., Rome, 1968.
5. Perozziello F. E., Storia del Pensiero Medico, III e IV volume, Mattioli 1885 Ed., Fidenza (Parma), 2009-2010.
6. Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti Ed.,
Milano, 1970.
7. Losee J., Filosofia della Scienza. Un’introduzione, Il Saggiatore Ed., Milano, 2001.
8. Chalmers A. F., Che cos'è questa scienza?A. Mondadori Ed., Milano, 1979.
9. Bauman Z., Vita liquida, Laterza, Roma-Bari, 2008.
di Federico E. Perozziello
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L’incertezza è una delle maggiori costanti della vita umana. Genera una paura e una forma di timore profondi fin dal nascere della coscienza del sé mentre tutto il contesto sociale e ogni tipo di cultura appaiono predisposti e ordinati per cancellarla, oppure nasconderla. Se desiderassimo darne una definizione soddisfacente potremmo intendere per incertezza la presenza visibile, nei suoi effetti e nelle circostanze, del Caso nella vita delle persone. Questa presenza è una grande forza generatrice di angoscia per limitare la quale l’umanità è ricorsa nel tempo a diverse modalità di controllo e mascheramento. Dall’inizio dei tempi storici, epoche di cui possediamo una memoria condivisa rintracciabile e segnata dalle testimonianze della cultura materiale oppure di quella scritta, il Caso o Kaos, come lo intendevano gli antichi Greci e le sue conseguenze sono stati legati al concetto di Colpa. Il Caso è diventato in tal modo un fattore di disturbo del vivere ordinato e prevedibile a cui si può sopperire in un contesto etico generale unicamente attraverso delle prescrizioni morali precise e facilmente osservabili.
Senza questo aiuto e questo sostegno le certezze di molte vite vengono a cadere e il terrore del Nulla che affiora qua e là in molte circostanze potrebbe prendere il sopravvento. La Scienza Moderna, intendendo per tale quella nata a partire dalla grande rivoluzione legata all’opera dei suoi tre fondatori nel XVII secolo, Francesco Bacone, Cartesio e Galileo, appare in tutto il suo sforzo di conoscenza tesa a opporsi all’azione del Kaos, a cercare di marginalizzarlo e di renderlo ininfluente. Questa volontà ordinatrice appare più evidente nelle opere dei primi due, sorrette da una solida argomentazione teorica, mentre mostra qualche smagliatura metodologica in Galileo. Una discrepanza che favorì l’argomento utilizzato dal Sant’Uffizio per costringerlo all’abiura e basato su di una insufficiente dimostrazione matematica della centralità del Sole tra i pianeti. In realtà, come ha evidenziato Jacques Monod nel suo saggio Il caso e la necessità, la scienza moderna ha di fatto spezzato l’accordo con la funzione consolatrice che il Trascendente e la Religione aveva esercitato sulla vita umana per secoli. La possibilità di una vita priva dei conforti della religione e sostenuta unicamente dalla fiducia nel progresso umano ha aperto la porta a grandi illusioni e insieme a più sommesse, ma ben presenti disillusioni.
Dietro il termine Incertezza si nasconde qualcosa di molto più inquietante per la vita delle persone e per le loro aspettative a riguardo del mondo. Si tratta della partita intorno a quello che possiamo definire il fare i conti con la colpa di essere uomini e di conseguenza il dovere espiare la presenza di un Male che condiziona il nostro essere e il modo di relazionarci con chi ci circonda. Ne abbiamo una prova indiretta nell’utilizzo del termine assurdo per definire la morte oppure le gravi malattie che colpiscono i giovani individui, magari le persone che si sono dimostrate particolarmente meritevoli della benevolenza altrui per la bontà e l’onestà delle loro opere. Il chiudersi improvviso e senza apparenti giustificazioni di una vita, oppure una patologia invalidante che alteri per sempre le capacità affettive ed espressive di un individuo rivestono delle caratteristiche di assurdità che devono essere esorcizzate ricorrendo a categorie metafisiche. Tutti argomenti che il sapere scientifico moderno non è per sua stessa natura in grado di maneggiare e di affrontare. Per ridurre l’angoscia generata da questa circostanza sono stati invocati dei fattori di compensazione basati sulla fede religiosa. Dobbiamo pertanto considerare due diverse credenze capaci di alleviare il sentimento negativo e in grado di sostenere il tentativo di resistere alla disperazione legata al male:
1) la fiducia in una Provvidenza divina;
2) le aspettative legate alle capacità della Scienza.
Mentre l’azione della Provvidenza rimane su di un piano di giustificazione e di analisi insondabile, legato alle sue radici e articolazioni metafisiche, la fiducia nella Scienza riveste delle coordinate meglio indagabili. E’ indubbio che il progresso medico abbia ottenuto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, importanti e non contestabili successi. A queste vittorie è seguita l’implementazione di un indicatore di manifesta efficacia, un segnale evidente, a patto di avere avuto la ventura di nascere nelle terre del ricco Mondo Occidentale. Avere avuto e per la prima volta nella storia del genere umano più tempo per vivere e gioire dei fattori positivi dell’esistenza, utilizzando senza eccessivi rimorsi le risorse fornite dal Principio di piacere, ha generato delle conseguenze misurabili solo attraverso una visione di tipo prospettico. Un’aspettativa di vita media che si è allungata di alcuni decenni in un lasso di tempo non superiore al secolo ha creato una situazione di incertezza radicale nell’agire dell’uomo le cui coordinate esperienziali sono rimaste quelle della sua storia precedente, una vicenda di qualche migliaio di anni che non è possibile emarginare e relegare in un angolo dimenticato. La contemporanea distruzione di ogni aspettativa di eternità, come ha scritto il sociologo e filosofo Zygmunt Baumann, ha relegato le persone a vivere un eterno presente in cui ogni modesta necessità oppure la costruzione del benessere quotidiano riveste e viene investita di alcuni valori di assoluto del tutto ingiustificati.
L’esperienza della vita è stata pertanto compressa nella necessità, anzi nel diritto di dovere godere dei benefici della stessa esistenza come di un diritto ineludibile e pretendibile, scalabile, si potrebbe affermare, dalla maggior parte delle persone. Quale è dunque il ruolo della medicina in questo terreno di esigenze e di richieste. Quale compito potrà mai assolvere il medico contemporaneo, indeciso e smarrito anche lui davanti a tante micro certezze quotidiane? Un tempo il medico era maggiormente protetto nell’esercizio della professione grazie a una diffusa e positiva considerazione sociale che lo circondava e lo sosteneva nel compito di lottare contro il dolore e la morte. Si trattava di una protezione umana ed emozionale molto efficace che è quasi completamente decaduta, si è dissolta, a causa della condivisione generale delle informazioni legata ai moderni media che forniscono alle persone schegge di un sapere medico non mediato dall’esperienza e dall’insegnamento.
Si è ormai formata una generazione di insegnanti che hanno rinunciato a utilizzare dei riferimenti culturali interdisciplinari in medicina, riducendo drammaticamente la qualità delle loro modalità comunicative con i pazienti e i colleghi aggravando il quadro generale. I ricercatori vengono messi sotto pressione e spinti a pubblicare anche per il motivo di aumentare il numero delle citazioni che li riguardano e non il valore delle scoperte da condividere. Sullo sfondo si manifesta in tutta la sua drammaticità la perdita di vista del significato di una pubblicazione scientifica, con la prevalenza di aspetti legati ai finanziamenti da ottenere e all’insindacabilità di un’arbitraria scelta valutativa sui risultati che diventa appannaggio di pochi soggetti i quali esercitano un enorme potere di tipo quasi dogmatico e insindacabile, spostando enormi finanziamenti in settori ben precisi.
Si apre in questo modo la strada a uno scenario di completa dissoluzione della medicina come Scienza umana. Se si tratta di applicare linee guida e dettami basati sull’evidenza non vi sarà e forse non vi è più il bisogno di esseri umani. I Super computer destinati alla medicina come Watson Health dell’IBM questo lavoro lo sanno fare benissimo, senza errori e in una frazione di secondo. In fondo gli uomini di questo inizio di XXI secolo non sembrano aspettarsi altro. Desiderano una vita lunga oltre un secolo garantita, in cui l’Eternità sia disponibile per tutti e senza fatica. Un destino che attende forse l’umanità che ha avuto la fortuna di vivere nel ricco Mondo Occidentale e credere nelle sue magnifiche sorti e progressive garantite da una Scienza moderna che appare invece smarrita sul senso del suo agire. Il ruolo del medico e la sua consistenza sociale sono diventati pertanto sempre più aleatori. Rimane quello di un certificatore di certezze, di un somministratore di riparazioni dovute che permettano al cittadino consumatore di rientrare a pieno titolo nel proprio circuito lavorativo. Deve curare l’uomo contemporaneo in cui l’ansia consumistica ha cancellato l’aspettativa e qualsiasi tensione verso una possibile eternità metafisica. La vita umana si svolge in tal modo in una gabbia di eterno presente in cui solo la droga consumistica riesce a operare un parziale sollievo all’angoscia dell’esistere.
La promessa di una salute garantita diventa allora l’unico valore sostitutivo e pertanto ben vengano i super computer e i microchip impiantati nel corpo, dialoganti con questi salvatori elettronici infallibili di vite e restauratori di ogni futuro possibile, sic et nunc, ora e adesso, perché il futuro non interessa e solo una vita quasi eterna diventa il valore da difendere. Il futuro della medicina appare poco promettente per riacquistare un minimo di libertà decisionale e di visione critica nella professione. Si tratta però di un’altra e diversa storia, che affonda come si è visto le proprie ragioni in un passato scientifico, in un presente confuso e nella fragile complessità della natura umana. Come affrontare allora la sfida quotidiana che il dolore e la morte impongono ai medici. Uomini che hanno perduto in giovane età per i loro studi e la conoscenza appresa l’innocenza nei confronti delle ferite inferte alle aspettative e al desiderio di felicità degli esseri umani. Hanno preso coscienza della pervasivitá e dell’azione spesso ingiustificata del dolore, esercitati attraverso le malattie e le disgrazie.
Non esistono rimedi scientifici davanti ad alcuni elementi di estrema ingiustizia, malattie mortali che colpiscono magari bambini e giovani individui. La possibilità di riscatto del medico è nascosta nella condivisione della compassione con i suoi pazienti e prima ancora con sé stesso. Nella riscoperta della sua umanità in un tempo di barbarie e di egoismi venati di razzismo, come quelli che stiamo vivendo.
Scriveva Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) nel buio della cella del carcere nazista in cui era stato relegato:
«… Comprendete l'ora della tempesta e del naufragio, è l'ora della inaudita prossimità di Dio, non della sua lontananza. Là dove tutte le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la nostra esistenza sono rovinati uno dopo altro, là dove abbiamo dovuto imparare a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio, perché Dio sta per intervenire, vuol essere per noi sostegno e certezza. Egli distrugge, lascia che abbia luogo il naufragio, nel destino e nella colpa; ma in ogni naufragio ci ributta su di Lui. Questo ci vuole mostrare: quando tu lasci andare tutto, quando perdi e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco, allora sei libero per Dio e totalmente sicuro in Lui …»
Aveva solo 39 anni quando salì sul patibolo nel lager di Flossenbürg presso Monaco. Era il 9 aprile 1945 e mancavano solo pochi giorni alla fine della guerra.
La costruzione del capro espiatorio nei momenti di grave crisi e difficoltà, come avviene nelle epidemie e nelle guerre, ma non solo, appare pertanto come una caratteristica costante del genere umano. Una sorta di maledizione a impedire l’uso compassionevole della ragione e che spinge come effetto non secondario a rifugiarsi nella barbarie. Quando oggi ascoltiamo le proposte e le dichiarazioni di alcuni e ben precisi uomini politici e “statisti” possiamo ancora rendercene conto.
Il discorso sull’innocenza della vittima designata, sul mistero insondabile che si cela dietro il sacrificio di un innocente non termina in questo contesto. Appare un argomento di consapevolezza la cui riappropriazione deve essere condotta ogni giorno, soprattutto nei momenti di dolore e di lutto che attraversiamo.
Bibliografia essenziale
1. Cochrane A., Efficienza ed efficacia. Riflessioni sui servizi sanitari, Il Pensiero Scientifico Editore (Ed.), Roma, 1999.
2. Liberati A., La medicina delle prove di efficacia: potenzialità e limiti della E.B.M. Il Pensiero Scientifico Editore (Ed.), Roma, 1997.
3. Jakobson R. Saggi di Linguistica generale, Feltrinelli Ed., Milano, 2002.
4. Mill J. S., A System of Logic, Ratiocinative and Inductive (Un sistema di logica raziocinativa e induttiva) 1843, Ubaldini Ed., Rome, 1968.
5. Perozziello F. E., Storia del Pensiero Medico, III e IV volume, Mattioli 1885 Ed., Fidenza (Parma), 2009-2010.
6. Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti Ed.,
Milano, 1970.
7. Losee J., Filosofia della Scienza. Un’introduzione, Il Saggiatore Ed., Milano, 2001.
8. Chalmers A. F., Che cos'è questa scienza?A. Mondadori Ed., Milano, 1979.
9. Bauman Z., Vita liquida, Laterza, Roma-Bari, 2008.